Prenota
ita

Da oggi cambio vita!

Conversazione con Gigi Lattuada, agricoltore e ortolano in San Vittore Olona.

La bicicletta dei campi

Chi percorre alle prime luci del mattino le strade secondarie che collegano San Vittore Olona con Parabiago, Legnano, Nerviano, Canegrate o Villa Cortese lo può incontrare alla guida del suo piccolo trattore Fiat 18 mentre si reca, con i suoi prodotti, in uno dei mercatini agricoli e artigianali che allietano il sabato mattina di tanti paesi dell’hinterland.

Stiamo parlando di Gigi Lattuada (Il Gigi) e della sua “Piccola”: gioiello della tecnologia meccanica italiana, quella – per intenderci – che creava macchine, magari non proprio all’avanguardia, ma con motori che non si fermano mai. Il Fiat 18 (la “bicicletta dei campi”) non era certo in grado di svolgere i grandi lavori agricoli, ma sostituiva egregiamente il lavoro animale e rappresentava comunque un primo passo verso la meccanizzazione delle piccole aziende agricole che negli anni ‘60 del secolo scorso davano ancora da vivere in Italia a milioni di persone.

“La Piccola” non è solo il trattore con cui Gigi Lattuada fa – le parole sono sue – “un po’ di ‘teatro’ per promuovere i suoi prodotti. È anche il simbolo stesso della sua scelta di vita poiché rappresenta un approccio al mestiere di agricoltore ancora legato ad una realtà di piccoli poderi familiari tramandati da generazioni e coltivati con passione, non tanto per generare grandi profitti ma in una logica di produzione di qualità e di sussistenza.

Da oggi cambio vita!

In realtà, fino al 2011 Gigi Lattuada era un moderno imprenditore del settore lattiero. La sua azienda coltivava molti ettari e disponeva di una stalla con oltre cento capi di bovine da latte e anche un allevamento parallelo di vitelli da carne.

“Era una vita d’inferno – ci racconta Lattuada ricordando quel periodo della sua vita – . La mole di lavoro era enorme. Non c’erano orari. Non c’erano vacanze. Non c’erano né giorni di festa, né sabati né domeniche. E continui problemi… Le difficoltà e le urgenze quotidiane (i parti di giorno e di notte, la salute degli animali, la gestione dei reflui), la crisi del settore con il caos delle quote latte, i prezzi delle materie prime sempre più alti e il valore del latte alla produzione che non cresceva. Si era in balia di una serie infinita di variabili e poi, quando a fine anno tiravi le somme di tutto, ti accorgevi che mancavano ancora due mesi di lavoro per rifarti di quello che avevi speso. Ma poi – diciamoci la verità – se anche si riusciva a guadagnare qualcosa, nei bilanci nessuno mette mai la voce ‘stile di vita’ che è invece la cosa più importante.”

Così un bel giorno Gigi Lattuada decide di cambiare il suo “stile di vita”. Non vuole però lasciare la cascina e i campi intorno ad essa, quei sei ettari che la sua famiglia possiede da tre generazioni, quella terra che il padre e il nonno hanno gelosamente preservato. E non vuole neppure diventare l’ennesimo agricoltore che si ricicla nell’ospitalità anche se la bellezza del luogo, straordinariamente intatto nonostante la vicinanza della città, farebbe di Cascina Lattuada l’agriturismo perfetto. E non vuole neppure cambiare mestiere perché il lavoro dei campi è l’unico che sa fare bene, l’unico che abbia mai voluto fare.

“Quindi ho dismesso la stalla, lasciato l’affitto della maggior parte dei terreni che lavoravo mantenendo solo i sei ettari di proprietà e mi sono messo a realizzare una vera agricoltura a chilometro zero, coltivando cereali per l’alimentazione umana e vendendo direttamente le farine, che con cura facciamo macinare a pietra, e i prodotti da forno realizzati con queste. Da qui è partito un po’ tutto”.

A raccontarla così questa storia sembra semplice. Ma dismettere un’attività ben avviata con un valore economico di diverse centinaia di migliaia di euro per entrare in una dimensione completamente nuova, voleva dire percorrere una strada fino ad oggi esplorata da pochi. 

Abbandonare tutto per inseguire i propri sogni non era una scelta che si poteva fare a cuor leggero. “Un ruolo fondamentale – ci racconta Gigi – lo ha avuto la mia famiglia. Anche se in azienda oggi siamo rimasti solo io e mia moglie, per tutto il mio nucleo familiare la Cascina, dove un tempo si viveva tutti insieme, è il cuore della relazione e dell’amore che ci lega. Per questo le decisioni che riguardano il podere e la cascina le prendiamo sempre tutti assieme. Senza il sostegno di mia moglie, dei miei figli, delle mie sorelle e dei miei nipoti non avrei mai potuto fare questa scelta. Ancora oggi quando c’è da fare qualche innovazione, qualche investimento, tentare qualche nuova strada, lo decidiamo a tavola, tutti assieme. E ancora oggi tutti i membri della mia famiglia mi danno una mano, per quello che possono, mettendo a disposizione ognuno le proprie capacità personali. Così la contabilità, il marketing, la comunicazione e tanti altri aspetti della gestione dell’attività sono curati dai miei familiari.”

Il pane di San Vittore Olona

Un ruolo importante nel successo imprenditoriale di Gigi Lattuada lo hanno avuto anche le istituzioni e alcuni imprenditori locali che hanno compreso il reale valore della sua idea scegliendo di sostenerla in modo concreto.

“Uno dei primi clienti del mio grano – ricorda Lattuada – è stato il panettiere di San Vittore Olona, l’amico Matteo Beretta. Con lui abbiamo discusso quale fosse la tipologia di grano più adatta da far crescere nel nostro territorio. Un grano che doveva avere anche caratteristiche strutturali in grado di soddisfare l’idea di pane che Matteo voleva realizzare.

La scelta è caduta su un frumento tenero, qualità Ambrogio, una semente che in questi terreni dà un’ottima resa e sviluppa al meglio le sue caratteristiche organolettiche. Parliamo di un frumento ‘normalissimo’, non è un grano duro con qualità particolari ma è il tipo di frumento che meglio si sposa con il nostro territorio e con la sua storia.

Così è nato il pane di San Vittore Olona. Quasi per gioco siamo riusciti a creare un prodotto al tempo stesso nuovo ma profondamente legato al nostro territorio. Il comune di San Vittore Olona, nella persona dell’allora sindaco Marilena Vercesi, è stato uno dei principali sostenitori di questa iniziativa e ha deciso di riconoscere il marchio De.C.O. prima al mio grano e di conseguenza anche al pane prodotto con questo, il pane di San Vittore Olona.”

De.C.O – per inciso – sta per Denominazione Comunale ed è un marchio che può essere attribuito da un Comune per riconoscere, promuovere e tutelare i prodotti agroalimentari e artigianali, locali e particolarmente caratteristici del proprio territorio.

Oggi tutti i prodotti realizzati con i cereali coltivati da Gigi Lattuada nella sua azienda all’interno del Parco dei Mulini (chicchi di cereali interi – favolosi nelle minestre, farine, pani, gallette, grissini, biscotti di grano tenero e farro) possono vantare questo riconoscimento e si possono acquistare direttamente nello spaccio aziendale in via Fratelli Cervi a San Vittore Olona.

Il cambiamento climatico

Lattuada nella sua cascina coltiva esclusivamente cereali (grano e farro) ma si tratta di una scelta per certi versi obbligata se si vuole rispettare le caratteristiche di questo territorio e portare avanti un progetto di agricoltura sostenibile.

“Qui noi siamo in una zona asciutta. Non abbiamo irrigazione, infatti, non c’è acqua. Può sembrare un paradosso perché abbiamo a due passi il canale Villoresi e siamo a ridosso del fiume Olona, ma il canale irriga solo per caduta in sponda destra, quindi verso sud. Inoltre, l’Olona nel periodo estivo, quando servirebbe l’irrigazione, si riduce a un fiumiciattolo; quindi, io non irrigo e mi limito a fare un solo raccolto all’anno di cereali.

Il frumento e il farro si seminano in autunno e crescono in inverno, mentre per la fase di maturazione estiva meno acqua si utilizza e migliore è la sua qualità. Il problema semmai è dato dalla discontinuità climatica. Per esempio, non nascondo che quest’anno con il susseguirsi di bombe d’acqua e temporali ho avuto difficoltà a portare a casa il raccolto anche se alla fine il risultato è stato comunque buono, mentre l’anno scorso, che però è stato molto siccitoso, ho prodotto un grano eccezionale.”

L’orto di casa allargato

“L’orto è stata una passiona tardiva che mi è venuta alla verde età di cinquant’anni. Ho cominciato all’inizio con un piccolo orticello. Poi ho visto che non solo era un’attività molto rilassante, ma dava anche molte soddisfazioni. Ho puntato ad una produzione di nicchia e la gente lo riconosce. C’è più compiacimento poi quando sono gli esperti, la gente del mestiere, i ristoratori e gli chef che apprezzano e richiedono i frutti del tuo orto; allora sei stimolato a fare di più. Così ho deciso di incrementare questa attività facendo però la scelta di non snaturare il mio modo di vedere le cose. Il mio – prosegue Lattuada – si può definire un orto familiare allargato. 

Il concetto è semplice: se per il mio consumo familiare ho bisogno di 10 piante di pomodoro ne pianto 20 così quello che avanza lo vendo ai miei clienti, ai miei amici, oppure talvolta lo regalo o lo scambio perché noi agricoltori siamo cresciuti con il concetto della compensazione, si è sempre fatto così. Quando ho bisogno, tu mi dai una mano e io non ti pago in denaro … ho le galline con le uova, un cespo di insalata, un cesto di pomodori e così via, come una sorta di baratto!”

Anche l’orto, al pari delle uova delle sue galline, che scorrazzano libere dentro un grande recinto, dei suoi cereali e dei tanti prodotti di prima trasformazione, sta dando moltissime soddisfazioni a Gigi Lattuada: non solo per gli attestati che continua a ricevere dai suoi clienti sulla freschezza e sulla qualità dei suoi prodotti ma anche perché “non nego che sta contribuendo in maniera importante anche al mio reddito.”.

Lo chef Vincenzo Marconi – per esempio – è entusiasta di questi prodotti: “Quando mi chiama – dice Lattuada – non mi fa quasi mai ordini precisi ma si limita a dirmi -’ Gigi portami quello che hai stamattina che poi ci penso io’. E non nego che quando mi capita di entrare nelle sale del ristorante della Fornace e vedere gli splendidi centrotavola preparati con i miei fiori di zucca e le mie verdure mi si apre il cuore. È una cosa che mi ripaga dei tanti sacrifici che faccio ogni giorno”.

L’orto di Gigi Lattuada ha anche la particolarità di essere pensato per essere vissuto e condiviso. Le coltivazioni sono collocate lungo dei filari di terreno sopraelevato (per la raccolta dei frutti non serve nemmeno chinarsi) mantenuti puliti da un telo di pacciamatura al di sotto del quale scorre un sistema di irrigazione a goccia che consente di evitare gli sprechi di acqua. Tra un filare e l’altro il terreno è molto spazioso, asciutto e mantenuto a prato molto ben curato.

“Non è come tutti gli altri orti pieni di pantano, bastoni, reti dove è un’impresa avventurarsi. Da me anche le signore che vengono a comprare le verdure possono seguirmi, scegliere i frutti o addirittura, se lo desiderano, cogliere direttamente dalla pianta.”

La cascina “aperta”

Il senso di tutto questo è prima di tutto un senso sociale. Lattuada vuole che la sua cascina sia sempre di più un elemento riconoscibile e riconosciuto del contesto pubblico di San Vittore Olona. “Questo orto, questo pollaio, questa struttura a dimensione familiare è proprio l’immagine perfetta del mio stile di vita, della scelta che ho fatto di ripensare il mio modo di essere agricoltore.”

Lo stesso concetto si applica anche all’utilizzo della struttura della cascina che in questi ultimi anni è stata completamente rinnovata per accogliere lo spaccio dei prodotti aziendali, mentre un capannone adiacente, edificato negli anni Sessanta e un tempo adibito a stalla, è stato completamente ristrutturato e trasformato in sala accogliente adatta ad ospitare eventi di vario genere.

L’approccio di Gigi Lattuada è profondamente impregnato dei migliori valori della saggezza contadina. “Non ho nessun bisogno di far crescere la mia attività trasformandola in qualcosa di diverso da quello che è oggi. Migliorarla si. Cercare sempre nuove idee, nuovi modi per coinvolgere le persone certo, ma voglio rimanere in questa mia dimensione. Voglio godermi la mia cascina, i miei campi, la mia famiglia e i tanti amici che mi vengono a trovare per stare bene all’aria aperta.  A un certo punto del mio percorso mi sono detto: – ‘io nella mia cascina mi sento bene, in pace con me stesso. Il fatto stesso che esista ancora questo posto speciale, circondato dalla città dove però io mi posso sentire in relazione diretta con il mio passato, la mia storia è qualcosa di unico e vale la pena provare a trasmettere tutto questo anche agli altri. E così in un periodo molto complicato perché eravamo proprio all’inizio del 2020 abbiamo completato questa struttura che oggi mettiamo a disposizione di chiunque desideri trascorrere alcune ore in serenità, in un contesto prettamente agricolo anche se a due passi dal centro del Paese.

Da un piccolo seme, una grande pianta?

Ma a questo punto della nostra conversazione ci chiediamo se quella di Gigi Lattuada è stata una scelta di vita isolata, se davvero solo lui ha sentito questa esigenza ad un ritorno ad una agricoltura più a misura d’uomo. In realtà non è proprio così perché ci sono stati negli ultimi anni proprio nell’era dell’Alto Milanese diversi ragazzi giovani che hanno abbandonato il loro lavoro per mettersi a fare il mestiere dei loro nonni.

“Molti di questi ragazzi – racconta Lattuada – sono venuti da me a chiedere anche dei consigli, a vedere come si fa un’agricoltura sostenibile e io, per quanto posso, cerco di aiutarli senza nessuna invidia perché sono convinto che c’è spazio per tutti. In generale, per quello che posso, io aiuto tutti, anche perché se aumenta l’offerta di cibo buono, sano e a chilometro zero significa che è aumentata anche la domanda. A me basta soddisfare i miei clienti, i miei vicini e i miei amici; non voglio crescere, ingrandirmi, diventare qualcosa di diverso da quello che sono.”

La spiaggia non si vende

Già … la sua cascina. Per Gigi Lattuada è importante che qui tutto rimanga com’è. “Sono davvero tanti i miei clienti che quando vengono si guardano intorno, osservano gli edifici, gli oggetti, i luoghi e riconoscono tracce del loro passato: ‘-guarda quell’attrezzo? Mio padre ne aveva uno uguale … e il pollaio è bello e spazioso come quello dei miei nonni …”.

In conclusione, possiamo dire di essere d’accordo con Gigi: è giusto che Cascina Lattuada rimanga com’è non solo per il bene di Gigi ma per quello di tutta una comunità.

In una scena clou del film del 1983 The Local Hero diretto da Bill Forsyth il protagonista, il cocciuto Ben Knox che, andando contro alla volontà di tutto il paese, si rifiutava di vendere la sua proprietà sulla spiaggia ad una multinazionale che voleva farci il terminal di un oleodotto a un certo punto, dopo aver raccontato all’emissario della multinazionale la storia della sua spiaggia, spiega con estrema semplicità perché non vuole vendere: “Ma la spiaggia è ancora qui. Se la comprate voi, invece, la spiaggia sparisce”

Ecco noi lo vediamo così Gigi Lattuada come l’eroe locale Ben Knox intento a conservare e far vivere – a dispetto di tutto e di tutti – la sua bellissima spiaggia. E come lui vediamo tanti altri agricoltori e artigiani che con tenacia e fantasia danno vita ad altrettante storie di resistenza e di resilienza. Storie che abbiamo incontrato in questi anni raccontando gli aspetti più peculiari e interessanti del modo in cui lavorano e si rapportano al loro territorio la famiglia D.O.P guidata da Luigino e Marco Poli e lo chef Vincenzo Marconi.

A Gigi Lattuada e a tutti i nostri eroi locali diciamo: ‘la spiaggia non si vende’. E prima o poi – come accade nel film – anche tutti gli altri abitanti del villaggio si convinceranno che questa è la scelta migliore.