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L'amore è un albero di ulivo

“Love is an Olive Tree” una frase semplice dietro cui si celano tante valenze diverse. L’amore per la terra in primo luogo perché l’ulivo, pianta resiliente, antichissima (la sua coltivazione risale a più di 6000 anni fa e si perde nella notte dei tempi) è da sempre sentinella silenziosa del mondo mediterraneo, ne segna i confini, consente di rendere fruttuosi terreni altrimenti poco adatti all’agricoltura, porta nutrimento e luce agli uomini. L’ulivo è il custode non solo di un immenso patrimonio culturale condiviso tra decine di popoli diversi ma è anche la cartina di tornasole con il suo stato di salute del benessere del mondo in cui fino ad oggi ha prosperato, testimone silenzioso delle violenze e dei soprusi che gli uomini infliggono al loro stesso habitat.

Proprio per il fatto di non essere … parte della nostra storia ma “la” nostra storia tout-court, l’albero che i greci consacravano alla dea Athena e i romani a Minerva, la pianta che secondo una leggenda cade direttamente sulla Terra dal Paradiso Terrestredove vegliava la tomba di Adamo è da sempre un simbolo di pace e di rigenerazione.

L’ulivo Americo nella sua collocazione finale

L'ulivo "Americo" nella sua finale collocazione nel piazzale antistante il centro di ricerca del CMR.

L’ulivo è simbolo di rigenerazione perché nella narrazione biblica dopo la distruzione causata dal Diluvio Universale. quando la terra tornava a fiorire,  l’ulivo riprese vita dalle sue radici. Allo stesso tempo è simbolo di pace, perché la sua rinascita dopo il Diluvio attesta la fine del castigo e la riconciliazione di Dio con gli uomini, un nuovo patto simboleggiato dalla colomba che porta a Noè, come segno di pace, un ramoscello di olivo.

“L’amore è un albero di ulivo” – dicevamo prima.  Questa frase è il mantra che veniva ripetuto (e spesso cantato) dai viaggiatori che nell’estate del 2008 incrociano sui sentieri che  portano alla vetta dell’Everest uno strano gruppo di cinque amici. Uno di loro porta sulle spalle un piccolo albero di ulivo chiamato ‘Americo’. La loro destinazione finale era la Piramide, il laboratorio – osservatorio del CNR situato a 5050 metri sul livello del mare sulle vette del monte Everest. In quel luogo ostile ma bellissimo avrebbero collocato ‘Americo’ come messaggio di pace e di fratellanza testimoniato proprio aalla presenza di questa piccola pianta e dalla sua grande storia.

I partecipanti alla spedizione.

Per i cinque amici è stato il “viaggio di una vita. Un gesto passionale, uno slancio d’amore verso il pianeta Terra così bisognoso di attenzioni e di cure, un atto di fede verso l’umanità, la più disparata, incontrata durante il lungo cammino verso la meta”. Un viaggio da cui è nato anche un docufilm che nel 2009 avrà l’onore di vincere il primo premio al Festival del cinema di montagna di Trento. [Vedi qui il trailer del film]

A trasportare ‘Americo’ sulle sue spalle era Paolo Coppini. Paolo – che ci ha prematuramente lasciato nell’ottobre del 2016 – appartiene alla terza generazione di una famiglia di imprenditori oleari capaci di creare in 75 anni di storia, lavoro, passione e ricerca una delle più belle e straordinarie realtà del made in Italy gastronomico – alimentare, l’oleificio Coppini Arte Olearia.

La Coppini Arte Olearia è depositaria di una storia che ha dello straordinario e che presto racconteremo più nel dettaglio grazie ad una bella intervista che abbiamo realizzato in questi giorni con Francesco Coppini, fratello di Paolo. Un’azienda – la Coppini Arte Olearia – che nasce e si radica socialmente e culturalmente in un territorio (la Bassa Parmense) dove l’ulivo e l’olio non hanno praticamente mai messo piede almeno da trecento anni a questa parte. Guidata da una famiglia  capace di sognare e di realizzare il proprio sogno, ovvero produrre olio di somma qualità e vendere – assieme ad esso – non solo un prodotto buono ma anche la sua storia, insomma l’insieme dei valori sociali e culturali, rappresentati da questo alimento che accompagna da seimila anni la vita quotidiana degli uomini.

Il gruppo #DOP (Denominazione di Origine Poli) e il Ristorante La Fornace utilizzano da tempo i prodotti Coppini Arte Olearia  e in particolare da quest’anno lo chef Vincenzo “Rock” Marconi ha selezionato un nuovissimo prodotto, un olio biologico e vegano chiamato ‘Gentiluomo Agricoltore’, ottenuto dalla frangitura a freddo di olive siciliane di varietà Nocellara del Belice e Biancolilla con aggiunta di una piccola parte di olive abruzzesi di varietà Dritta.

“A livello sensoriale – racconta chef Marconi – quest’olio è qualcosa di incredibile ma non è soltanto sulle qualità di un prodotto, unico nel suo genere, che voglio porre l’accento. Se devo parlare dei motivi che mi hanno avvicinato prima di tutto all’azienda Coppini Arte Olearia e mi hanno spinto a collaborare  con entusiasmo con loro metto al primo posto quei valori che io e il Gruppo #DOP condividiamo con l’azienda di San Secondo Parmense.

[Gentiluomo Agricoltore, la scheda prodotto]

Dietro alla romantica storia di Americo, il piccolo ulivo trasportato sulle spalle di Paolo Coppini che porta il suo messaggio di pace, amore e rispetto per la natura verso le vette dell’Himalaya, incontrando nel suo viaggio genti di tutto il mondo, c’è prima di tutto il valore del rispetto. Rispetto tra gli uomini e rispetto per la Terra, per i suoi frutti, per il suo battito vitale, per il flusso naturale della vita. C’è il desiderio che tutti gli uomini possano vivere in pace e godere dei frutti della Terra  e il mio desiderio personale è  dare piacere alle persone attraverso il cibo.  Alla base di tutto questo c’è certamente la filosofia con cui la famiglia Coppini produce il suo olio ma alla base di questo valore si trova anche la trama di pensiero che da sempre ispira  la mia creatività di chef, quell’ordito concettuale non solo gastronomico che io chiamo INCLINAZIONE 23.5”.

Vincenzo “Rock” Marconi

23.5” non è altro che è il grado di inclinazione dell’asse terrestre, quella piccola oscillazione che rende possibile nel nostro pianeta il succedersi delle stagioni e la diversità climatica e biologica. La Terra – prosegue Marconi – va amata e rispettata per tutto quello che riesce a dare e nei miei piatti spesso cerco di mettere insieme ciò che di buono la terra produce senza distinzioni tra terra, cielo e mare guardando prima di tutto all’equilibrio dei sapori. La mia è una cucina che rispetta la materia prima e per questo amo utilizzare tutto ciò che un essere vivente (animale o vegetale che sia) dona all’uomo con il suo sacrificio.
Io non ho ancora avuto il piacere di conoscere personalmente Paolo Coppini ma attraverso l’incontro con la sua Azienda è come se ci fossimo idealmente presentati, scambiandoci un saluto lungo i sentieri che portano alla Piramide (d’altra parte sono anch’io un buon camminatore amante della montagna) e avessimo cantato tutti insieme -’l’amore è un albero di ulivo’.”